Le mosse atlantiste, la legge di bilancio e le idee sul fisco e il lavoro. Vedremo se il progetto politico di Meloni inaugurerà davvero la Terza Repubblica
Il governo Meloni ha tagliato il traguardo dei primi 100 giorni e non sembra terminata la sua “luna di miele” con gli italiani. I sondaggi e i recenti risultati alle elezioni regionali confermano l’apprezzamento per un certo piglio decisionista e, soprattutto, per un’azione costruita su una solida visione ideale. La presidente del consiglio ha riaffermato infatti, dopo un decennio di governi tecnici o arcobaleno, il valore della politica e, nello specifico, di un esecutivo politico. Meloni ha posto la difesa dell’interesse nazionale e la dottrina conservatrice come le stelle polari della propria traiettoria.
In politica estera, ha giocato tre mosse con tempismo e decisione: il pieno sostegno all’alleanza atlantica in Ucraina, l’innalzamento della tensione con la Francia sul tema migratorio, il consolidamento del fronte europeo a favore di un cap al costo dell’energia. Ha dunque definito i contorni della dottrina con la quale si muoverà sullo scacchiere globale: il fine dell’interesse nazionale passa da un posizionamento chiaro a favore dell’Occidente, da una ritrovata centralità del Mediterraneo e da un’integrazione dell’Italia nella cabina di regia europea con Germania e Francia. I primi risultati si vedono e lo standing di Meloni rimane molto alto in tutte le rilevazioni internazionali. L’Italia inizia ad essere percepita, anche grazie al lavoro messo in opera precedentemente da Mario Draghi (più che dal suo governo), come parte della soluzione e non più del problema. Sarà inoltre interessante in vista delle elezioni europee 2024 vedere a cosa porteranno le sempre più intense relazioni tra il Partito popolare europeo e quello Conservatore.
Allo stesso modo, Meloni ha stabilito con una legge di bilancio che potremmo definire programmatica le priorità di politica interna. Sembrava impossibile, a detta di molti detrattori, vararne una in così poche settimane e invece è riuscita a licenziare, senza intaccare l’equilibrio dei conti pubblici, una manovra che è un’anteprima dello svolgimento della legislatura: dall’estensione della flat tax per i liberi professionisti, gli artigiani e i commercianti, alla “tregua fiscale”per i tanti contribuenti onesti afflitti dai bizantinismi del nostro fisco; dalla revisione delle misure malfunzionanti e figlie di una cultura assistenzialista, come il reddito di cittadinanza, a quelle, come l’allargamento dell’assegno unico, pensate per ribadire la centralità della famiglia e per fermare l’“inverno demografico”. Si tratta di provvedimenti ponte, che tuttavia gettano le basi per riforme strutturali cui il governo sta lavorando e alcune delle quali, come la riforma del fisco e quella del mercato del lavoro, vedranno la luce già prima dell’estate.
L’orizzonte del conservatorismo
Il 2023 sarà un anno decisivo per capire se questo progetto politico potrà inaugurare davvero la Terza Repubblica. L’interconnessione tra una riforma costituzionale in chiave presidenzialista, l’autonomia differenziata e un ritrovato ruolo del Parlamento sono la chiave per dare nuova linfa vitale alle nostre istituzioni. La composizione di questo quadro non sarà semplice e necessita il contributo di tutti i partiti. La capacità di partecipare a questo processo riformatore dirà di come ciascuna forza politica considera se stessa e il proprio destino.
A Meloni il compito di completare questo difficile e affascinante mosaico, a partire dalla tessera rappresentata da Fratelli d’Italia che è chiamata a procedere speditamente verso quell’orizzonte del conservatorismo come sintesi politica tra la destra storica, il cattolicesimo popolare e il riformismo liberale.
Articolo pubblicato sulla rivista Tempi di Febbraio 2023