L’Unione subisce tensioni contrapposte dal fronte orientale e da quello mediterraneo. Con le prossime elezioni abbiamo un’occasione storica per partecipare al ridisegno di equilibri e indirizzi politici della Commissione Ue.
È passato più di un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, proprio nel cuore dell’Europa, e oggi anche l’opinione pubblica – e non più solo le istituzioni comunitarie – si interroga sulle conseguenze che il conflitto avrà sul futuro dell’Unione. L’Europa, dopo l’iniziale compattezza registrata allo scoppio del conflitto, ne uscirà veramente più coesa o subirà le forze disgregatrici che la minacciano? E che ruolo potrà giocare l’Italia?
L’asse del Reno franco-tedesco su cui si è sviluppato il progetto europeo si è indebolito. Il tramonto di Angela Merkel, dopo vent’anni, lascia orfana una Germania che deve trovare una nuova visione di lungo termine, facendo anche retromarcia sull’alleanza strategica con la Russia. Emmanuel Macron non è invece riuscito ad essere protagonista di un rinnovato progetto unitario europeo, come paventato all’inizio della sua discesa in campo, e la Francia resta ripiegata sulle forti tensioni sociali che ne condizionano la politica interna.
Al tempo stesso, l’Unione subisce tensioni contrapposte che vengono dal fronte orientale e da quello mediterraneo. La guerra sta portando l’Europa a uno spostamento di baricentro verso i paesi dell’Est, quelli che storicamente sono stati considerati dalla Russia all’interno della propria area di influenza, ma che ora guardano all’Europa e all’Occidente per determinare il proprio destino.
Il fronte orientale
Non possono più essere considerati – e loro stessi non si considerano più – junior partner all’interno dell’Unione, sia per motivi demografici che per ragioni economiche e geopolitiche. L’Ucraina per il ruolo che la Storia le ha consegnato quale campo di battaglia della più vasta guerra sul suolo continentale dopo l’ultimo conflitto mondiale; la Polonia e i paesi baltici che rappresentano per gli Stati Uniti la maggiore garanzia per un fronte di resistenza contro la prepotenza russa; i Balcani da sottrarre alla Cina quale nuovo punto di ingresso in Europa e perché da sempre rappresentano un territorio di potenziali nuovi conflitti.
L’Italia non può farsi trovare impreparata rispetto a questo spostamento di equilibri e deve definire quale contributo dare all’unità europea: gli ottimi rapporti personali che Giorgia Meloni ha con i leader di paesi come Polonia e Repubblica Ceca, e l’influenza italiana sui vicini Balcani, potrebbero aiutare la nostra nazione a ritagliarsi un ruolo chiave in questo contesto inedito. La Polonia ha infatti bisogno di pieno supporto nell’azione di contenimento alla minaccia russa – e non sempre questo è giunto da tutti i paesi europei, in primis la Germania. Allo stesso modo, l’atteggiamento reticente di alcuni stati, come la Francia, all’allargamento dell’Unione alle nazioni balcaniche rispecchia alcune preoccupazioni che un eventuale ingresso di nuovi membri potrebbe avere sul governo dell’Unione, non considerando però le conseguenze positive che questo avrebbe nelle dinamiche geopolitiche che riguardano l’Europa orientale.
Il fronte mediterraneo
Il fronte mediterraneo è invece terreno di scontro tra superpotenze. Il Mare Nostrum resta insieme al Pacifico il grande nodo irrisolto delle dinamiche geopolitiche con influenze sempre più forti di Cina, Russia e Turchia. Dopo la tragica stagione delle primavere arabe, il Nord Africa oggi affronta una forte crisi economica e del debito: Egitto, Algeria e Tunisia sono alle prese con diverse instabilità macroeconomiche. Nell’Africa subsahariana, alcuni paesi – l’ultimo il Ghana – hanno dichiarato default, anche in conseguenza dell’inflazione sui prezzi energetici e alimentari dovuti alla guerra in Ucraina. In questo quadro, il tentativo italiano è quello di cambiare l’approccio internazionale al debito pubblico dei paesi africani: il Common Framework sancito dal G20 sta funzionando a rilento ed esige cambiamenti volti a una maggiore flessibilità e solidarietà.
Quelle presentate sono solo alcune delle tensioni che si intersecano con le vicende belliche, le prossime elezioni europee diranno che tipo di effetti politici avranno sui futuri equilibri e indirizzi politici della Commissione europea. L’Italia non può restare a guardare e ha una occasione storica per partecipare a questa fase per certi versi “rifondativa” dell’Unione Europea.
Articolo pubblicato sulla rivista Tempi di Giugno 2023